Il logo è l’elemento grafico che raffigura il brand e che ne riassume l’essenza, il carattere e i valori per poi comunicarli all’esterno. Che si tratti quindi di un logo aziendale o di un logo di prodotto, esso deve essere in grado di comunicare a primo impatto l’identità di ciò che rappresenta.
Il logo non è solamente un simbolo grafico, ma l’essenza della brand identity.
Per fare in modo che il logo sia efficace è fondamentale costruirlo in maniera strategica. Esso, quindi, deve per prima cosa essere facilmente riconoscibile, inoltre non deve assolutamente essere uguale ad altri o contenere elementi troppo simili ai loghi dei competitor.
A tal proposito, prendendo come esempio un prodotto qualsiasi posizionato sullo scaffale di un supermercato insieme ad altri prodotti analoghi, anche la similitudine di un semplice elemento, come ad esempio il colore, potrebbe creare confusione nel consumatore. In contesti come questi, in cui opera il paradosso della troppa scelta, è importante avere un logo che sia in grado di distinguersi ed essere riconoscibile.
Oltre a questi aspetti principali, il logo deve essere anche in grado di rispecchiare l’identità del marchio e capace di adattarsi in caso di futuri rebranding.
Cosa accade nel nostro cervello quando vediamo un logo?
Per essere riconosciuto dal nostro cervello un logo impiega un tempo di circa 400 millisecondi, nel quale viene elaborata una risposta a livello cognitivo sulla base delle preferenze e delle precedenti esperienze associate al brand.
Le neuroscienze hanno studiato come il cervello riconosce e percepisce i loghi e l’impatto che questi hanno sul consumatore, arrivando a capire che, ad esempio, i brand che ci piacciono attivano una parte del cervello associata a emozioni positive e autostima.
In generale, il processo di riconoscimento di un logo segue quattro fasi:
- FASE 1: Quando viene visualizzato un logo gli occhi inviano un segnale alla Corteccia Visiva Primaria, la quale percepisce per primi i colori e, successivamente, ne riconosce la forma.
- FASE 2: I singoli elementi vengono raggruppati dalla Corteccia Visiva al fine di identificare un unico soggetto grafico.
- FASE 3: Viene ricercato un match tra lo schema appena rilevato e gli schemi archiviati in memoria relativi a esperienze precedenti.
- FASE 4: Il cervello aggiunge “attributi semantici” provenienti dalle precedenti esperienze avute con il logo identificato, come ad esempio il nome del prodotto o gli attributi legati al brand. Negli esempi riportati nell’immagine, il carrello richiama gli attributi “qualità”, “valore” e il bisogno di comprare del latte, un paio di scarpe Nike richiamano alla mente il famoso payoff “Just Do It” e la marca Jordan, infine il panino ricorda che è ora di pranzo e che magari si ha voglia di mettere qualcosa sotto ai denti.
Quali sono gli aspetti salienti su cui si concentra la valutazione?
Durante l’elaborazione cognitiva di un logo, il cervello si sofferma principalmente su 3 aspetti:
- Colori: secondo gli scienziati il nostro cervello non vede i colori, bensì li crea attraverso processi neurali interni all’Ippocampo e insiti nella Corteccia Visuale Primaria;
- Forme: nel momento in cui un colore viene identificato dalla parte posteriore della Corteccia Visuale, viene inviato un segnale alla parte frontale della Corteccia dedicata al riconoscimento di forme e oggetti;
- Significati: mentre forme e colori sono aspetti che vengono alla luce nell’immediato, il contesto e il significato sono informazioni che vengono invece aggiunte successivamente anche e soprattutto grazie al supporto offerto dalla memoria. Questo processo coinvolge principalmente l’Amigdala e la Corteccia Orbitofrontale, adibite al riconoscimento delle emozioni.
L’impatto di un logo sul pensiero
L’utilizzo della risonanza magnetica funzionale (fMRI) ha permesso ai neuroscienziati negli ultimi vent’anni di giungere a conclusioni di natura generale.
Innanzitutto, non esiste un singolo luogo nel cervello atto a processare i loghi.
Ad esempio, i brand sportivi e del lusso come Nike e Mercedes innescano risposte nella Corteccia Prefrontale, mentre brand di valore come Walmart attivano i neuroni presenti nella Corteccia Cingolata Anteriore.
Un altro aspetto interessante è che i brand che più preferiamo suggeriscono chi siamo in quanto suscitano attività nel Polo Frontale Mediale, l’area in cui si forma l’autostima e l’idea che abbiamo di noi. Ciò significa che i marchi preferiti giocano un ruolo importante nel modo in cui vediamo noi stessi. Esempi abbastanza “classici” a tal proposito possono essere frasi come: “Io sono un tipo da BMW” o “Io sono un Apple man”.
Il nostro cervello, inoltre, non processa i loghi nello stesso modo in cui processa oggetti o animali generici. I primi, infatti, innescano aree del cervello dedicate alle relazioni umane e ciò porta a pensare che biologicamente esista una sottile differenza tra come processiamo le relazioni tra due persone e come processiamo quelle tra una persona e un brand. Possiamo quindi azzardare a dire che i brand diventano per noi come persone.
Infine, i brand e i loghi possono cambiare il nostro comportamento.
Durante un esperimento in cui veniva fatto fare un test di creatività a degli studenti, gli scienziati divisero il gruppo in due, mostrando in modo subliminale il logo Apple al primo gruppo di studenti e quello di IBM al secondo.
Indovinate un po’? Gli studenti del primo gruppo ebbero una miglior performance e punteggi più alti.
Insomma, diffidate da chi ritiene che i loghi siano solo semplici simboli grafici: la verità è che ci influenzano più di quanto crediamo.