Chi avrebbe mai pensato di leggere “Netflix” e “flop” nella stessa frase, eppure l’arrivo della pubblicità su Netflix sembra esserlo. Ma perché è una strategia tanto pessima? Analizziamolo insieme.
‘’Vogliamo essere un porto sicuro in cui esplorare, cercare nuovi stimoli, divertirsi, rilassarsi, e non vogliamo essere coinvolti nelle polemiche riguardanti lo sfruttamento degli utenti attraverso gli annunci pubblicitari’’
Reed Hastings
Queste le parole di Reed Hastings, co-fondatore e amministratore delegato di Netflix, che nel 2019 ha voluto ribadire il suo diniego all’adozione di un modello di business basato sulla pubblicità. Parole che risultano ironiche, oggi, alla luce di quanto è accaduto: dal 3 novembre 2022 arriva la pubblicità su Netflix.
Pubblicità su Netflix: come è successo?
Dall’annuncio di questa decisione, l’arrivo della pubblicità su Netflix ha colpito tutti e non in senso positivo purtroppo.
La nota piattaforma streaming, ha introdotto una nuova formula di abbonamento mensile che prevede la riproduzione di spot pubblicitari di 15/30 secondi sia all’inizio che durante la visione dei suoi contenuti, arrivando ad un massimo di 4 minuti per ogni ora di fruizione.
Ma tranquilli: questa opzione non si applicherà a tutti i tipi di abbonamento bensì andrà a costituire una nuova offerta, al prezzo agevolato di “soli” 5,49 euro al mese contro i 7,99 euro del piano Base tradizionale.
In questo nuovo piano, che chiameremo “Ultra base”, non è inoltre possibile scaricare contenuti per la fruizione offline e addirittura un numero ristretto di questi, identificati con un lucchetto, non sono disponibili per questioni di licenze.
Per di più, Netflix non tollera furbetti o escamotage: le pubblicità non sono raggirabili, se si avvia un episodio di una serie o un film e poi si sceglie di passare ad altro prima della riproduzione automatica della pubblicità, si è comunque costretti ad assistere ad un intero spot.
Questo significa che i secondi di fruizione pubblicitaria non si azzerano. Gli spot non si possono saltare o mandare avanti, tuttavia è consentita la pausa.
La Pubblicità su Netflix: perché?
L’opinione comune parla chiaro: la pubblicità su Netflix è un flop.
Tuttavia, è comprensibile capire le motivazioni di un simile cambiamento di rotta: dal 2021 il colosso streaming per antonomasia ha subito un importante rallentamento di crescita, in particolare negli ultimi mesi del 2022.
Intorno a metà 2022, infatti, Netflix ha registrato il primo calo di abbonati nella sua storia: 200mila iscritti in meno e un forte calo del titolo a Wall Street del 22,5%.
Perdita sicuramente dovuta al rincaro dei prezzi dell’abbonamento, che ha raggiunto i 17,99 euro suscitando già aspre polemiche.
L’aumento dei prezzi, d’altro canto, non ha fatto altro che favorire lo sharing delle password, fenomeno temuto e mal contrastato dalla piattaforma.
Infatti, quest’ultima prevede la possibilità di visionare diversi programmi da diversi dispositivi che però dovrebbero trovarsi tutti nella stessa abitazione, in teoria.
Nella pratica è più un’utopia: solo in Italia sono oltre 3 milioni gli account Netflix condivisi.
Il colpo finale per Netflix: la concorrenza
Con l’ascesa sul mercato durante il periodo pandemico, Netflix ha dovuto fronteggiare il diffondersi di altre piattaforme streaming come Disney+ e Amazon Prime Video. Queste, a fronte di un’offerta sempre più ricca ed aggiornata, hanno costi di abbonamento decisamente più bassi rispetto a Netflix. Non a caso, entrambi i competitors hanno assistito ad una notevole crescita degli abbonati.
La loro chiave è stata quella di ampliare il catalogo con contenuti originali: ad esempio, Amazon Prime con The Marvelous e Disney+ con titoli Pixar, Marvel, Star Wars e così via. Si tratta di una vera e propria battaglia dello streaming che vede il suo pioniere messo alle strette.
Mentre durante la quarantena gli utenti godevano di fin troppo tempo libero da riempire con un binge-watching tra Netflix ed i suoi competitors, oggi il tempo a disposizione si è ridotto: abituati a ricercare novità e fagocitare contenuti a grande velocità, si tende a preferire chi sa intrattenerci ogni settimana in modo nuovo.
Ma se con il diffondersi di queste piattaforme sul mercato Netflix è comunque riuscito a resistere grazie alla fedeltà dei suoi utenti, con questi nuovi cambiamenti sta rischiando di spianare la strada alla fuga dei suoi stessi fan.
Ma cosa può portare un brand così forte, amato e consolidato a perdere i suoi sostenitori più fedeli? Un tradimento!
Il flop di Netflix: una promessa tradita
È evidente, la fruizione di contenuti senza fastidiose interruzioni pubblicitarie da oggi ha un valore: 2,50€ al mese, per la precisione. Troppo pochi considerando i bisogni e le aspettative del target medio di Netflix.
Netflix è stato il precursore del “taglio del cavo”. Moltissimi hanno smesso di utilizzare i televisori in favore di un abbonamento streaming: una scelta che sembrava avere solo vantaggi. Dalla possibilità di scegliere cosa guardare, alla vasta scelta fino all’addio – o così si credeva – alle interruzioni pubblicitarie.
“Dove, quando e come vuoi” è da sempre la promessa di Netflix, e dei suoi competitors, ai loro consumatori.
Per un utente fidelizzato dei servizi streaming, tornare ad una programmazione lineare è quasi un trauma. Questo perché la visione di qualsiasi tipo di prodotto cinematografico, con il tradizionale sistema, si dilata nel tempo con decine e decine di spot, spesso scadenti e fuori-target.
Lo spettatore arriva al termine del film estenuato.
Sulle piattaforme streaming 60 minuti rimangono tali ed è anche per questo che un utente sceglie volontariamente di acquistare un abbonamento. Non a caso, la decisione di Netflix è un flop perché si pone in contro-tendenza rispetto al mercato, dove si fa sempre più spazio il permission marketing.
Ma non parliamo di un’opinione personale: Sensemakers, società di consulenza specializzata nell’analisi dei media e dei comportamenti digitali, ha condotto un sondaggio per scoprire cosa pensano gli italiani di questo cambiamento.
Domandando a 1.000 utenti italiani, che fruiscono dei contenuti Netflix 1-2 volte alla settimana, è emerso che:
- il 15% ha risposto che disdirebbe l’abbonamento
- il 25% si aspetterebbe di pagarlo di meno (come attuato da Netflix)
- il 19% sarebbe meno soddisfatto
- per la restante parte è indifferente
Si tratta di una questione di sensibilità personale e soprattutto generazionale: infatti, i contrari all’arrivo della pubblicità su Netflix appartengono per lo più alla Generazione Z, in quanto ormai ipersensibili al tema. Sono cresciuto con lo streaming, abituandosi e credendo alla promessa di un’alternativa ai media tradizionali. L’infrangersi di questa promessa è stato un duro colpo, come una scottatura che non dimentichi facilmente.
La mancata promessa: il tradimento della pubblicità su Netflix
Il motivo di questo flop sta tutta qui: nella mancata promessa. È come se l’utente fosse stato tradito: nel nuovo piano non soltanto viene introdotta la pubblicità su Netflix, ma viene limitato il catalogo ed infranto il “Dove, quando e come vuoi” impedendo il download per la visione offline.
Più che una piattaforma di streaming, il suo era un vero e proprio stile di vita. Netflix ha inventato il binge-watching, il Netflix and Chill ed è sempre lui ad aver rivoluzionato il pensiero delle persone. Anni fa restare a casa a guardare una serie Tv non era visto nello stesso modo: adesso è un vero e proprio “mood”.
Il brand rappresenta il momento di relax dopo una giornata di lavoro stressante, il prendersi cura di sé, il divertirsi in compagnia. Netflix occupa un posto speciale nel cuore del consumatore che crea con esso un legame emotivo ed esperienziale.
Questo nuovo piano “ultra base” ha totalmente stravolto e messo in discussione questo emotional branding.
La pubblicità su Netflix: è un flop anche per le aziende?
L’introduzione della pubblicità su una qualsiasi piattaforma viene solitamente percepita come qualcosa di positivo per le aziende che le creano: maggiori possibilità di intercettare nuovo target e nuove possibilità di crescita e diversificazione del messaggio pubblicitario. Tuttavia, la pubblicità su Netflix sembra fare eccezione.
Il Brand ha presentato il nuovo piano facendo leva sulla sua forte capacità di targetizzazione, riuscendo anche a garantire la possibilità per gli inserzionisti di fare in modo che il loro prodotto non compaia in concomitanza a contenuti espliciti e/o delicati.
Tutto questo faceva ben sperare la piattaforma, che, come riporta la CNN, dichiarava:
“Sebbene sia ancora molto presto, siamo soddisfatti dell’interesse sia dei consumatori che della comunità pubblicitaria e non potremmo essere più entusiasti di ciò che ci aspetta.”(…)”Man mano che apprendiamo e miglioriamo l’esperienza, prevediamo di lanciare in più paesi nel tempo”.
Netflix
Peccato che le speranza di Netflix siano state disattese. A causa del mancato decollo dell’iniziativa, diversi inserzionisti hanno chiesto di essere rimborsati. Finanzaonline ci riporta le dichiarazioni di alcune agenzie pubblicitarie, raccolte da Digiday, che, dopo aver acquistato spazi promozionali su Netflix, dichiarano: «non possono rispettare gli accordi presi, stanno letteralmente restituendo i soldi ai clienti».
Bloomberg Intelligence vede la causa in “una mancanza di offerta piuttosto che a una domanda debole”. Tim Nollen, analista di Macquarie, rimane tuttavia positivo, affermando che “potrebbero volerci un paio di anni per costruire una base di utenti abbastanza ampia affinché Netflix diventi una destinazione significativa per gli inserzionisti”.
La pubblicità su Netflix decreterà la sconfitta nella guerra dello streaming?
Lo scenario descritto fin qui non è sicuramente dei migliori per Netflix che inizia il 2023 con altri cambiamenti.
Parliamo della tanto discussa fine alla condivisione delle password: la stretta dovrebbe partire proprio da gennaio 2023 negli Stati Uniti per poi arrivare in Europa. Anche questo cambiamento va contro la promessa del Brand, che addirittura nel 2017 twittava “Love is sharing a password”.
Alla luce di quello che ha generato il nuovo abbonamento non sappiamo se questa sia la strada giusta da intraprendere per far fronte alle difficoltà che l’azienda sta riscontrando: il rischio dell’effetto dominio è dietro l’angolo.
Gli analisti hanno calcolato che il blocco delle password potrebbe costare una perdita di fatturato per 720 milioni di dollari.
Un dato che non sembra intaccare la decisione presa. Infatti, il chief content officer risponde dicendo: «Oggi ci sono persone che si godono Netflix letteralmente gratis» ribatte Ted Sarandos.
Sicuramente i vecchi e nuovi competitor sono pronti ad approfittare di ogni passo falso.
Basti pensare alla novità degli ultimi mesi: Generazione Lol, sbarcata sul canale TikTok di Prime video.
Si dice essere già il primo tormentone del 2023, dopo il successo della prima edizione di LOL: Chi Ride è fuori. Lillo approda su Tik Tok alla conduzione della prima serie italiana Tiktok Original. Stesso format ma con protagonisti sette dei tiktoker più amati dalla GenerazioneZ.
Sicuramente il nostro capostipite non rimane con le mani in mano: a Gennaio 2023 approdano sulla piattaforma oltre 90 video in collaborazione con Nike Training Club. Beh, sicuramente un contenuto lontano dal tradizionale “Netflix and Chill”. Chissà se sono disponibili anche nel piano Ultra Base: le interruzioni pubblicitarie potrebbero diventare utili momenti di pausa nel work-out?
Capendo il perché di queste scelte di business, non ci rimane che vedere come Netflix gestirà le ulteriori novità che ha in cantiere. Di certo dal tutta questa storia ne ricaviamo un grande insegnamento: mai tradire le promesse (d’amore e di brand) verso le persone che si fidano di noi, altrimenti scapperanno!