Wimbledon è il più antico torneo di tennis del mondo, considerato anche il più prestigioso.
È dal 1877 che l’All England Club di Londra ospita uno dei quattro tornei del Grande Slam. Terzo in ordine cronologico annuale è l’unico Slam ad essere giocato sull’erba.
Fin dagli esordi, l’evento sportivo ha cercato di coinvolgere fan e spettatori, condividendo i propri valori di eleganza, autorevolezza e sportività.
Ma da un punto di vista comunicativo, quali sono le strategie di marketing che Wimbledon attua? E come si sono evolute nel tempo?
Il marketing di Wimbledon
Uno degli obiettivi del Club è quello di portare l’attenzione sull’unicità dei Campionati.
Come?
Adottando la strategia del ”no-sponsorizzazioni commerciali”.
Intorno al terreno di gioco sono assenti, o comunque presenti in misura limitata, affissioni pubblicitarie.
Nonostante alcuni recenti cambiamenti in questo senso, Wimbledon è noto per le severe linee guida del suo marchio.
È raro, infatti, che sul campo compaiano schermi o cartelloni relativi agli sponsor, come siamo abituati a vedere ad esempio durante le partite di calcio.
La tradizione e la forza economica del torneo sono talmente forti da poter consentire questa scelta.
Come molti altri marchi iconici, Wimbledon ha come priorità la protezione della propria immagine e del proprio marchio e sul sito web infatti si legge:
“Uno degli obiettivi principali è quello di valorizzare l’immagine dei Campionati mantenendo i terreni di gioco relativamente privi di sponsorizzazioni commerciali e di inserimento di prodotti. Questo è il motivo della mancanza di pubblicità sfacciata intorno ai campi”.
La discrezione nella pubblicità ha permesso al torneo di mantenere il suo prestigio e di valorizzare esclusivamente le partnership di lunga durata con marchi come Slazenger, fornitore delle palline da tennis o Ralph Lauren, che si occupa dell’abbigliamento.
Le collaborazioni si estendono anche a IBM, tecnologia informatica ufficiale, Evian e Jaguar Land Rover, rispettivamente acqua e auto ufficiale.
Partner ufficiale resta il prestigioso marchio di orologi, Rolex, tanto che il brand ne ha creato uno che, tra gli appassionati, viene distinto proprio con il nome Wimbledon.
Un perfetto esempio di iniziativa di branded content marketing.
La pubblicità comunque c’è
Wimbledon è diventato simbolo di regalità e prestigio, tanto da essere considerato un vero e proprio brand di lusso.
L’evento in sé, da sempre, mira all’eleganza e lo confermano anche le campagne lanciate nel corso degli anni per l’inizio del nuovo torneo.
Nel 2019 il campionato di tennis ha lanciato The Story Continues, spot che ha segnato il re-branding a livello di stile comunicativo.
Vogliamo essere in grado di controllare il modo in cui parliamo al nostro pubblico, vogliamo che conosca il meglio di ciò che Wimbledon ha da offrire.
Matt Searle e Olly Wood, direttori creativi di McCann London
Il rinnovamento del marchio è partito dal tone of voice, per limitare quel senso di “distacco” che in molti percepivano. L’obiettivo era comunicare che l’evento non è solamente rivolto a un’élite privilegiata.
It’s a Wimbledon Thing, la campagna 2021, risalta invece i rituali unici, l’amore e la passione dei fan del torneo di tennis.
La tendenza è stata poi confermata anche nelle campagne successive, come The Stage Awaits, lanciata nel 2022, in occasione del Centenario del Centre Court
Per il torneo 2023 Wimbledon ha invece promosso Always Like Never Before un mix di tradizione e innovazione per celebrare i momenti iconici dal 1877.
Bianco, verde e viola: i colori di Wimbledon
Verde e viola sono i colori tradizionali del logo di Wimbledon, praticamente invariato da oltre 100 anni.
Sono stati introdotti nel 1909 a sostituire i precedenti blu, giallo, rosso e verde in quanto identici a quelli della Royal Marines.
In nessuna nota ufficiale del club è mai stata motivata la scelta. Chiaro è che il verde richiama il colore del campo da gioco, mentre il viola simboleggia le piante di Petunia Calibrachoa, che decorano l’intera struttura.
Dal 2016 i due colori sono protetti come marchio registrato, nello stesso modo in cui Louboutin protegge il rosso delle sue iconiche suole.
Il bianco, invece, è l’elemento distintivo delle divise dei tennisti, un colore caratteristico del torneo che ha alle spalle secoli di tradizione.
Divise e scarpe dei giocatori di oggi devono infatti necessariamente essere di colore bianco, così come lo erano quelle dei primi giocatori inglesi.
La regola del bianco risale al 1877, anno in cui i soci dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club organizzarono il primo torneo di tennis.
Il lusso, l’eleganza e quell’aria un po’ aristocratica che si respirava all’interno della struttura mal si sposavano con la sudorazione dei partecipanti, visibile maggiormente su magliette e pantaloncini colorati.
Le linee guida del marchio recitano:
Il patrocinio reale, i campi in erba, la regola del bianco predominante per i concorrenti […] sono diventati attributi chiave del carattere unico di Wimbledon.
La rigidezza delle regole è confermata da alcuni aneddoti.
Nel 2013, ad esempio, Roger Federer è stato multato per aver indossato delle scarpe sì bianche, ma con la suola arancione.
Alcuni, invece, si sono “ribellati” al conformismo: è il caso di John McEnroe che nel 1980, durante la storica finale contro Borg, si presentò sul campo con una fascia tergisudore rossa intorno alla testa.
O come il campione André Agassi, che fino al 1991 ha volutamente rifiutato di partecipare a Wimbledon per non piegarsi alla regola di doversi vestire di bianco.
Proteggere il marchio
Nel corso degli anni si è registrato un aumento del materiale pubblicitario commerciale gratuito non autorizzato, che viene distribuito ai possessori di biglietti per ottenere pubblicità gratuita nei campi o in televisione.
Questa pratica è nota come ambush marketing e consiste in articoli brandizzati, non ufficiali, realizzati da altri marchi per cavalcare l’onda di visibilità.
Pringles, qualche anno fa, è finito nei guai per aver cercato di usare Wimbledon come trampolino di lancio per il suo prodotto, vendendo tubi di patatine in edizione limitata che riportavano un chiaro riferimento, non autorizzato, al torneo.
Tutto fa brand a Wimbledon
Anche i meno appassionati di tennis avranno sentito parlare di Serena Williams, Novak Djokovic e Rafael Nadal.
Questo perché i giocatori sono ormai celebrità a tutti gli effetti.
Wimbledon ha successo perché alimenta un senso di nostalgia nei suoi seguaci: l’identità del marchio è forte e memorabile proprio per questo.
I riflettori, comunque, non sono solo puntati sui giocatori, ma anche sul pubblico, che da sempre vede star di fama mondiale.
Secondo Alexandra Willis, Direttore delle Comunicazioni e del Marketing dell’All England Lawn Tennis Club (AELTC), la base delle strategie di branding risiede nella segmentazione del pubblico e nella sempre più crescente integrazione di intelligenza artificiale e visibilità social.
Il sito web, che ottiene tra le 400.000 e le 600.000 visualizzazioni al mese, promuove notizie, video, foto e spinge molto l’e-commerce che permette di acquistare il merch ufficiale.
Inoltre ogni singolo elemento che caratterizza il torneo permettono al pubblico di sentirsi parte integrante di una dimensione. Basti pensare alle fragole, al falco Rufus, agli spettatori in abito elegante e all’edera di Boston che adorna il Centre Court.
Un esempio eclatante è il campo da gioco che non è un semplice manto erboso, ma vero e proprio oggetto di culto, tanto da aver trovato un proprio posto sul web.
Twitter, infatti, ha visto la nascita del profilo ufficiale dei giardinieri di Wimbledon, dove fan e appassionati possono restare aggiornati sul sul lavoro quotidiano dei Wimbledon Groundsman.
Cosa ci insegna il marketing di Wimbledon?
Mantenere un’estetica coerente associata a contenuti nostalgici crea un connubio potente che accresce la community. Questa è sempre più coinvolta grazie alle piattaforme digitali e alle innovazioni tecnologiche, che permettono di condividere contenuti e informazioni su misura del target.