L’unconventional marketing comprende un insieme di strategie che hanno come obiettivo quello di veicolare i messaggi dei brand in modi inaspettati e fuori dall’ordinario per attirare l’attenzione dei consumatori.
La pubblicità tradizionale risulta, infatti, sempre meno efficace nell’indirizzare le scelte d’acquisto dei consumatori, essendo questi ultimi quotidianamente esposti a migliaia di messaggi pubblicitari, tanto da diventarne quasi immuni.
Le strategie non convenzionali consentono, dunque, di aggirare le barriere e rispetto all’advertising classico permettono di raggiungere più facilmente gli obiettivi prefissati.
Il cambiamento di prospettiva
Da brand centric a people centric
Sono diverse le motivazioni che hanno portato alla perdita d’interesse.
Nei confronti della pubblicità tradizionale e con l’avvento di internet e dei social media, i rapporti tra brand e consumatori sono cambiati radicalmente: la relazione tra le due parti è diventata fondamentale.
Per cui, il marketing non è più per il target, ma è costruito con il target.
I consumatori vengono oggi definiti prosumer: non solo dei semplici bersagli della comunicazione, ma diventano parte di essa, partecipando attivamente alla veicolazione del messaggio e interagendo con i brand.
Inoltre, gli utenti sono più consapevoli grazie alle molteplici fonti di informazione offerte dal web e intrattengono tra loro conversazioni sui brand; ne consegue che la fiducia riposta nei propri pari e nelle loro opinioni è maggiore di quella riposta nelle pubblicità, tanto che le recensioni online sono uno dei principali fattori che influenzano le decisioni d’acquisto.
I brand hanno quindi il compito di ascoltare il proprio pubblico e creare contenuti in linea con gli interessi della maggioranza per generare engagement e coinvolgere il più possibile gli utenti nella costruzione attiva del brand e dei suoi valori.
Per questo motivo, il focus non è più – solo – sui prodotti e sulla loro qualità, ma su come questi possano far vivere determinate esperienze a chi li acquista.
Come si declina l’unconventional marketing
Il guerrilla marketing
Il guerrilla marketing è probabilmente la forma più conosciuta di unconventional marketing ed è decisamente la più impattante.
Il primo a introdurre questa forma di marketing fu il pubblicitario statunitense Jay Conrad Levinson, quando nel 1984 lo definì una strategia pubblicitaria non convenzionale, a basso budget, che mira a generare sorpresa nel pubblico tramite azioni rapide, inattese e imprevedibili.
Il punto di forza del guerrilla marketing è quello di colpire lo spettatore quando meno se lo aspetta, in luoghi che vanno dalle strade cittadine agli edifici pubblici ai nastri bagagli degli aeroporti.
Si gioca dunque sull’effetto sorpresa e sulla viralità che tali azioni generano, alimentata dal passaparola degli utenti e dalla copertura mediatica dell’iniziativa, con l’obiettivo di aumentare la visibilità e la notorietà del brand protagonista.
Gli elementi chiave di un’azione di guerrilla marketing sono diversi, accumunati tutti dall’elemento dell’imprevedibilità.
- Alla base ci deve essere un’idea creativa originale: bisogna pensare a qualcosa di sorprendente, che attiri l’attenzione del pubblico;
- Bisogna operare in tempi brevi: le azioni di guerrilla non durano mai a lungo, e questo contribuisce ad aumentare l’esclusività dell’evento;
- L’esecuzione deve essere inaspettata: nessun annuncio, nessuna informazione, l’azione si sviluppa all’improvviso;
- I canali mediatici sono sempre attivi e pronti a veicolare la notizia non appena parte la campagna, per ottenere la massima visibilità possibile;
- La scelta di luoghi al alto traffico è la mossa vincente: la selezione deve ricadere su luoghi in cui sappiamo di poter intercettare il nostro target e influenzarlo.
L’ambient marketing
Pur condividendo con il guerrilla marketing molti aspetti, tra i quali l’imprevedibilità, la sorpresa, il generare viralità, l’ambient marketing si distingue da quest’ultimo poiché sfrutta a pieno gli spazi urbani e gli elementi che questi offrono per veicolare il messaggio della campagna pubblicitaria, appropriandosene e modificandolo in base alle proprie esigenze del momento.
Lo spazio viene così reinterpretato e dotato di un nuovo significato, coinvolgendo il pubblico in un’esperienza memorabile associata positivamente al brand.
Esempi tipici di ambient marketing sono le modifiche apportate a spazi frequentati quotidianamente, come le stazioni della metropolitana o le pensiline degli autobus.
Una campagna molto efficace, per esempio, è stata quella di Ikea Francia che a maggio 2019 ha arredato le fermate della metropolitana di Parigi con il suo catalogo per pubblicizzare per promuovere il nuovo punto vendita.
Rientrano inoltre nell’ambient marketing anche altre iniziative coinvolgenti, tra le quali i flash mob, eventi durante i quali un gruppo di persone si riunisce all’improvviso per compiere brevi azioni corali, accompagnate da una coreografia di gruppo, per poi disperdersi nuovamente tra gli spettatori.
Altri esempi sono lo stickering, ovvero il posizionamento di adesivi in diversi luoghi della città, o il sampling, la distribuzione di campioni di prodotto gratuiti.
L’ambush marketing
Quando un brand tenta di acquisire visibilità sfruttando un importante evento mediatico, pur non avendo collegamenti ufficiali con l’evento stesso, si parla di ambush marketing. La parola inglese ambush vuol dire infatti tendere un’imboscata, un agguato, spesso a discapito di un diretto concorrente del brand ambusher.
Il pubblico è indotto ad associare l’ambusher all’evento, al pari degli sponsor che invece hanno pagato ingenti somme per sponsorizzarlo.
Il primo esempio risale al 1996, anno in cui si tennero le Olimpiadi ad Atlanta.
In quell’occasione lo sponsor ufficiale della manifestazione era Reebok, ma è stato un altro il brand che ne ha tratto maggior visibilità, protagonista di una foto celebre associata all’evento.
Nella foto l’atleta Ben Johnson, vincitore di due medaglie d’oro, posa con le scarpe targate Nike che lo hanno portato sul podio, anch’esse color oro, dando così maggior riconoscimento al marchio utilizzato dall’ex velocista e non allo sponsor ufficiale dell’evento.
Il viral marketing
Come abbiamo visto, tutte le strategie di marketing non convenzionale attuate dai brand hanno l’obiettivo di attirare l’attenzione del pubblico e dei media per far parlare di sé, generando così un passaparola virale, soprattutto sui social network.
Il viral marketing ha come obiettivo primario proprio la viralità, tramite la diffusione di un messaggio – che lo scrittore e imprenditore Seth Godin chiama idea-virus – sfruttando il passaparola degli utenti.
Il messaggio quindi per essere efficace deve dare valore al destinatario, essere in linea con i suoi bisogni ed interessi e rimanere coerente con il brand, i suoi obiettivi e valori.
Così facendo, se ne incoraggia la condivisione e il parallelismo con un virus non è casuale: i destinatari diventano essi stessi veicoli di diffusione del messaggio.
Mentre quindi nel guerrilla e nell’ambient marketing i consumatori sono sì coinvolti, ma solo in quanto spettatori delle azioni, qui sono i veri protagonisti, necessari e fondamentali per determinare il successo della campagna marketing.
Naturalmente la viralità non può essere stabilita a priori e sono diversi i fattori che concorrono a determinare se una campagna diventerà virale o meno.
Alcuni dettagli possono però aiutare, come puntare sull’emotività con contenuti che coinvolgano gli utenti, tenere conto del momento storico in cui ci si trova ed utilizzare sapientemente gli hashtag.
Per esempio, la seguente campagna di Airbnb del 2016 è un perfetto esempio di viral marketing ben riuscito, diventando per l’appunto virale in breve tempo, grazie anche all’hashtag #WeAccept.
Fu trasmessa a un mese di distanza dall’elezione di Donald Trump, in un momento storico particolarmente delicato e di grande attenzione verso alcuni temi sociali quali razzismo, sessismo e omofobia.
Pro e contro dell’unconvetional marketing
Tra i più immediati vantaggi dell’unconventional marketing troviamo la capacità di attirare l’attenzione e di raggiungere il target di riferimento, il costo decisamente basso delle iniziative e la risonanza che queste hanno sul momento e nel tempo.
Un altro vantaggio correlato può essere rappresentato dal raggiungere, oltre che il proprio target, altri potenziali consumatori tramite la diffusione delle campagne sui social.
Vi sono tuttavia alcuni errori in cui potrebbero incorrere i brand, producendo un effetto opposto a quello auspicato.
Uno dei rischi maggiori è quello di stancare il pubblico, proponendo numerose iniziative alla ricerca dell’originalità e della sorpresa a tutti i costi.
In questo caso i brand possono essere oggetto di aspre critiche e allontanare potenziali consumatori.
Altro rischio in cui si può incorrere è di non riuscire a raggiungere il proprio target, facendo così perdere efficacia all’azione non convenzionale.
Creatività e originalità come punti chiave
Per definire ben riuscita una strategia di unconventional marketing, bisogna innanzitutto che gli elementi che la caratterizzano vengano gestiti sapientemente.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, infatti, dietro questo genere di campagne marketing c’è uno studio del brand e del suo posizionamento ben preciso, senza escludere il target e le sue caratteristiche, nonché un’attenta analisi del budget a disposizione e degli spazi dove l’iniziativa prenderà forma.
Queste azioni sono certamente brevi e improvvise, ma sono frutto di un lungo lavoro che, se eseguito correttamente, può portare ottimi risultati ai brand e coinvolgere il pubblico in un’esperienza unica che difficilmente dimenticheranno.