Burgez è una catena di fast food fondata da Simone Ciaruffoli, nota non solo per essere la prima hamburgeria italiana, ma anche per la sua comunicazione irriverente e fuori dagli schemi.
Usa un tone of voice tipico dell’unconventional marketing e infatti il suo claim recita Try not to come back if you can, ovvero Prova a non tornare se ci riesci.
Un marchio che in poco tempo ha riscosso molto successo (e polemiche), ma che si presenta anche come caso studio interessante dal punto di vista comunicativo.
La storia di Burgez
Il primo locale Burgez lo ha aperto a nel 2015 a Milano, ispirato da un incontro casuale del Founder con un senzatetto di New York, che gli regalò (così racconta) un diario con la ricetta dell’hamburger perfetto.
Un business che oggi vale circa 50 milioni di euro e ha chiuso l’anno 2022 con un fatturato di 15 milioni (+30% sul 2021).
Il successo si deve anche alla collaboratrice Martina Valentini, appassionata di cucina e già con un’esperienza alle spalle in ristoranti stellati e per aver lavorato a contatto con Shake Shack, la catena di ristoranti fast food statunitense, uno dei modelli di Burgez, insieme a McDonald’s e Five Guys.
L’obiettivo è quello di offrire qualità e attenzione alle materie prime, una catena di hamburger italiana, in stile americano che ha fatto del marketing non convenzionale il suo marchio di fabbrica.
E questo lo si evince non solo dalle attività social, sempre provocatorie, ma anche dalle diverse campagne outdoor lanciate in occasione delle aperture dei nuovi punti ristoro. Come quelle di guerrilla marketing sui mezzi di trasporto pubblici che recitavano: Mangiare Burgez nuoce gravemente alla salute, o L’hamburger di Burgez è il più schifoso.
Il marchio mira alla fidelizzazione del cliente, offrendo un’esperienza gastronomica piacevole, semplice: gli hamburger sono preparati con pane, carne, verdure e salsa.
Più che il gusto, quindi, è il messaggio che fa la differenza e il modo in cui viene veicolato, un approccio per cui il cliente non ha sempre ragione e anzi, lo si manda anche a quel paese per ringraziarlo dei traguardi raggiunti.
Una comunicazione controcorrente che azzarda e sfida il conformismo e, per questo, soggetta spesso a polemiche.
La comunicazione secondo Burgez
Il marketing di Burgez va contro ogni standard, ma è coerente nell’accogliere uno storytelling fastidioso e irriverente.
Gioca con i meme, parla in maniera sfacciata, a tratti volgare, per affermarsi come brand ribelle che ama le provocazioni.
Scherza con i luoghi comuni, manda messaggi agli studenti universitari o include nelle sue box dei finti messaggi di aiuto da parte dei dipendenti della catena.
Anche l’immagine aziendale è finemente inaccurata, nel senso che il logo e gli slogan cambiano colore e forma a seconda delle campagne e a volte il packaging viene ideato ironicamente utilizzando il testo riempitivo Lorem Ipsum.
Ma perché?
Dietro Burgez c’è un ventenne brufoloso, nerd, incurante, che risponde come preferisce, usa meme e fa pubblicità comparativa. È come se non ci fosse dietro una srl, ma questo ragazzino senza responsabilità – spiega il Founder e CEO di Burgez.
In poco tempo, la catena di fast food ha lanciato tante iniziative, più o meno apprezzate, proponendo anche delle aggiunte nel menu che strizzano l’occhio a un tipo di comunicazione disruptive.
Come il lancio del Fake Burgez, il panino che imita la ricetta del famoso cheeseburger, introdotto nei locali di Milano, Torino, Roma, Firenze e in tutti i 20 ristori in Italia; così come la novità Rehab, il panino per chi ha bevuto troppo, ideato per combattere l’hangover e che aiuta nel dopo-sbornia.
Il brand dunque non parla mai di quanto è buono, da quali ingredienti è composto, non esalta i propri vantaggi, anzi, fa il contrario e cavalca spesso anche l’onda dei competitors.
Lo ha fatto, ad esempio, all’inizio del 2021, pubblicando sui social l’annuncio Burghy sta tornando.
Burghy era una catena italiana di fast food degli anni ’80, acquisita poi da McDonald’s e Burgez ha sfruttato proprio la nostalgia per promuovere l’apertura a Monza: l’iniziativa è riuscita nell’intento di catturare l’attenzione dei consumatori, facendo credere che il vecchio marchio sarebbe tornato.
Una trovata di marketing, insomma, che ha comunque permesso a Burgez di guadagnare in visibilità e consensi.
Burgez e le collaborazioni
Dato che Burgez ha fatto del marketing un’arma potente di comunicazione, non sono mancate di certo alcune collaborazioni che il marchio ha firmato con diversi personaggi pubblici.
Primo fra questi il cantante indie Coez, che in occasione del suo nuovo disco, nel 2019, ha brandizzato la confezione degli hamburger con la frase È sempre bello averti intorno, insieme alle tovagliette che raccontano la storia di come quel panino sia diventato il suo preferito.
La nota catena di fast food non ha certo perso l’occasione di annunciare il lancio nel modo migliore in cui riesce a comunicare, provocando.
Il marketing di Burgez ci insegna quindi che anche il politicamente (in)corretto può essere utilizzato nelle strategie social, sempre se fatto con vera ironia e preso alla leggera.