Employer Branding: da Decathlon a BCG

Come può un’azienda attirare i candidati a sé? Come stimolare l’engagement nei dipendenti? Marketing e HR uniscono le loro forze per ottenere questo risultato attraverso l’employer branding.

Cos’è l’employer branding?

Esso consiste nell’applicare strategie di marketing all’ambito Human Resources. L’idea è quella di creare a tutti gli effetti una strategia di marketing, focalizzata in questo caso sulla percezione del brand come luogo di lavoro. Ovviamente, l’obiettivo è anche quello di distinguersi dai possibili competitors e attirare i migliori candidati verso la propria azienda.

Employer Branding: tra le strategie di comunicazione aziendale
Employer Branding

Tuttavia, l’ambito d’azione dell’employer branding è molto ampio, in quanto mira a coinvolgere non solo i potenziali candidati, ma anche stimolare e trattenere i talenti già presenti in azienda. Pertanto, da un lato l’obiettivo a cui punta l’azienda è quello di essere riconosciuta dal proprio target di lavoratori come “Best Employment of Choice”, dall’altro cerca di comunicare i propri valori aziendali sia verso l’esterno che verso l’interno, rivolgendosi in quest’ultimo caso ai dipendenti, che dovranno poi interfacciarsi con il cliente finale.

Inoltre, l’Employer Branding deve sempre essere coerente con la Brand Identity. Pertanto, se un’azienda si presenta come una realtà dinamica, dovrà fornire ai propri dipendenti un’esperienza lavorativa che rispecchi questi valori. Allo stesso tempo, ciò permette di scremare le candidature in base ai profili che appaiono essere in linea con l’immagine aziendale.

Un esempio lampante lo troviamo con Apple che, attraverso la sua originalissima campagna di marketing “An open invitation to open minds”, comunica quanto sia parte integrante dell’azienda il desiderio di innovazione e di appartenenza a un obiettivo collettivo ben più grande.

Apple employer branding
Fonte: Apple

Ma come si crea “the best place to work”?

Non è solo l’appetibilità di un buono stipendio a definire la soddisfazione lavorativa di una persona. Ciò dipende da innumerevoli fattori, poiché ogni individuo necessita di  sentirsi valorizzato ed avere la possibilità di esprimere al massimo le proprie potenzialità. È in questo quadro che si inserisce l’employer branding.

L’assunzione è solo una parte del processo, bisogna anche cercare trattenere i talenti attraverso la creazione di un posto di lavoro accogliente, stimolante e in grado di garantire una buona work-life balance.  È chiaro che per ottenere ciò, ci vuole costanza e pazienza. I risultati di un buon employer branding non sono immediati.

Il caso Decathlon 

Nel 2018 l’azienda di prodotti sportivi ha lanciato una campagna di social recruiting davvero particolare. Attraverso un breve video, Decathlon è riuscita a comunicare in modo semplice, veloce e divertente i suoi valori aziendali. Ciò che caratterizza l’azienda è infatti un ottimo lavoro di squadra dinamico e competitivo. Inoltre, lavorando per Decathlon il dipendente potrà fare della propria passione sportiva il proprio lavoro.

Il caso BCG

Nel 2019 l’azienda di consulenza ha presentato la nuova campagna di employer branding chiamata “Welcome to the group”, attiva già in 4 Paesi: Italia, Usa, Giappone e Francia. Così, BCG cerca di superare l’immagine sterotipata della consulenza strategica ingessata e incravattata, avvicinandosi ad un target più giovane mediante uno stile informale e  amichevole, sfruttando i maggiori canali social come Instagram, Facebook e Linkedin.

Welcome to the group - BCG
Welcome to the Group. Fonte: Digital4

L’azienda mira in questo modo a comunicare un messaggio fondamentale, ossia quello di vedere le persone in qualità di risorse uniche in grado di collaborare in team dai backgorund diversi.  Secondo Massimo Portincaso, partner e managing director, responsabile per la strategia globale di marketing di BCG:

La campagna di employer branding di BCG, non è puro marketing, ma vuole contribuire a ridefinire strategicamente l’industria della consulenza e lo spazio che occupa, destabilizzando gli stereotipi ancora molto presenti nella comunicazione della consulenza e far parlare le nostre persone. Oggi non possiamo non essere su Instagram, dove vengono “consumate” le informazioni e abbiamo certamente la responsabilità di trasmettere contenuti e valori stimolanti per la crescita dei giovani, ma nel modo adeguato al canale e al target”. 

Employer branding durante il Covid-19 

Il momento storico che stiamo vivendo ha portato non poche ripercussioni sul mondo del lavoro. Le assunzioni sono infatti rallentate se non addirittura bloccate in alcuni settori. Nonostante ciò, l’employer branding non può e non deve essere abbandonato in attesa di momenti migliori.

Esso non riguarda soltanto il recruitment, ma anche l’engagement.

È proprio quest’ultimo che viene messo a dura prova in tempi di crisi, quindi le aziende devono cercare stimoli costanti per  comunicare la propria vicinanza ai lavoratori.

In una ricerca condotta quest’anno, Ranstad sottolinea come l’employer branding non possa essere interrotto e poi ripreso successivamente, in quanto è un processo che richiede tempo e costanza. Pertanto, una sua sospensione porterebbe a vanificare gli sforzi finora compiuti dalle aziende. Infatti, l’importanza dell’avere un buon ambiente lavorativo rimane invariata, anzi acquista ancora più importanza nei momenti di crisi.

Perché è importante l’employer branding?

Ciò che emerge è che ad oggi le persone  costituiscono una componente importante del branding. Non si vendono solo prodotti ma anche esperienze, per questo motivo il personale con cui entra in contatto il cliente finale deve comunicare i valori dell’azienda e far vivere al consumatore la migliore esperienza possibile.

Da ciò, l’importanza di selezionare e comunicare fin da subito ai candidati le caratteristiche richieste per lavorare nell’azienda. I lavoratori sono di fatto brand ambassador dell’azienda. Per questo BCG in uno studio sostiene che il brand management del futuro dovrà prevedere un maggiore engagement sia dalle persone esterne che interne all’azienda.

Infine, guardando all’altro lato della medaglia, tra le conseguenze di una pessima gestione dell’employer branding si può annoverare non solo la perdita di dipendenti e potenziali candidati, ma anche la perdita di alcuni clienti, nel caso in cui essi non si trovino soddisfatti dell’interazione avvenuta con il personale, che in quel momento rappresenta il portavoce dell’azienda.

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