Vi siete mai chiesti quale scopo si cela sotto alle scelte delle aziende di rendere noti i dati delle loro performance, i loro valori guida o, ancora, l’alto livello di preparazione dei loro dipendenti piuttosto che comunicare la qualità dei loro prodotti o servizi e i loro prezzi?
La risposta si trova nella comunicazione istituzionale: si tratta infatti di un ramo della comunicazione aziendale che riguarda l’organizzazione nel suo complesso e che ha delle finalità ben marcate:
- mostrare la cosiddetta corporate identity: l’identità dell’impresa, ossia tutti quegli elementi tangibili e intangibili che identificano e distinguono l’azienda nel mercato;
- stimolare un atteggiamento favorevole da parte dei clienti, e in generale degli stakeholder, verso l’azienda;
- costruire o migliorare la corporate reputation, ovvero il patrimonio di reputazione d’impresa;
- modificare oppure rafforzare il posizionamento.
Corporate reputation: un fattore vitale
Nel mercato odierno i fattori intangibili che sono parte integrante della comunicazione istituzionale hanno assunto un ruolo di primaria importanza nella gestione del business, ma uno in particolare si rivela vitale per l’impresa: la reputazione.
Questo perché da un elemento “invisibile” come quello della reputazione, possono in realtà dipendere fattori molto concreti e tangibili come il profitto e il valore dell’impresa sul mercato; ecco dunque il motivo per cui tutte le aziende, piccole o grandi che siano, investono molte risorse nella costruzione di una buona reputazione nel tempo. Questo, apporta al business numerosi benefici che vanno al di là di quelli economici già citati, tra cui:
- acquisizione di credibilità e autorevolezza da parte dell’azienda agli occhi di tutto il panorama degli stakeholders con cui vengono intrattenuti rapporti (supply chain, clienti finali, istituzioni, ecc..);
- aumento dei livelli di fiducia nei confronti dell’impresa e, di conseguenza, nei confronti dei prodotti o dei servizi offerti;
- instaurazione di un legame di tipo emozionale con i consumatori finali, che saranno dunque più propensi all’acquisto e al passaparola e più stimolati a creare un rapporto di loyalty, cioè di fidelizzazione, con l’azienda.
Costruire una reputazione d’impresa
A gennaio del 2020 Weber Shandwick ha rilasciato i risultati di una ricerca online condotta in collaborazione con KRC Research, una società di consulenza globale per la ricerca sull’opinione pubblica; questa ricerca, chiamata “The State of Corporate Reputation in 2020: Everything Matters Now“, si pone l’obiettivo di identificare i fattori che concorrono alla costruzione della reputazione d’impresa sulla base del giudizio di 2227 top manager in quattro continenti.
Un primo risultato che salta all’occhio mostra che in media i top manager attribuiscono alla reputazione d’impresa il 63% del valore di mercato del business. Considerevole è anche il fatto che in una buona fetta del campione, questa percentuale arriva a toccare oltre il 70%.
Dalla ricerca emergono 23 punti chiave che influiscono sulla costruzione e sul rafforzamento della reputazione; sono 5 in particolare quelli che, su una scala da 1 a 8, hanno ottenuto un punteggio particolarmente alto:
- Qualità dei prodotti o dei servizi;
- Qualità del personale;
- Qualità del servizio clienti;
- Sicurezza dei prodotti o dei servizi;
- Rispetto per la privacy dei clienti o dei dipendenti.
Questo dato, oltre a fornirci una panoramica su quanti fattori entrino in gioco nella costruzione della reputazione d’impresa, ci suggerisce anche che questi ultimi arrivano da ogni fronte, cioè da ogni contesto in cui l’impresa si trova a competere. Nella ricerca leggiamo infatti:
“Questa mancanza di distinzione suggerisce che le aziende non possono più concentrarsi solo su alcuni fattori guida della reputazione, bensì su molteplici drivers.”
Per questo motivo l’impresa deve essere in grado di individuarli, integrarli e saperli gestire al meglio con team di personale dedicati.
Reputazione online e gestione delle crisi
Uno degli eventi più pericolosi per la vita aziendale e per la reputazione della stessa, è il verificarsi di una crisi: se per costruire un saldo patrimonio di reputazione c’è bisogno di un lavoro di anni, per distruggerlo sono sufficienti pochi giorni, se non poche ore. Oggi difatti con il sempre maggiore utilizzo di Internet e delle reti social, le informazioni corrono alla velocità della luce e la notizia di una crisi aziendale può arrivare da una parte all’altra del mondo in men che non si dica.
Proprio per questi motivi, ad esempio, non è raro vedere aziende dotarsi di tools e di avanzate strategie di ORM, ossia di Online Reputation Management, per gestire e monitorare costantemente la propria reputazione sul web e questo perché sono consapevoli che il rischio che una crisi scaturisca dall’online è molto elevato.
L’importanza di comunicare una crisi
Una crisi che mette a repentaglio la reputazione di un’impresa, incide negativamente anche su tutti gli altri aspetti dell’azienda che ruotano attorno alla reputazione stessa, di cui abbiamo parlato nei paragrafi precedenti. Ecco dunque che emerge un altro fondamentale elemento della comunicazione istituzionale: la comunicazione di crisi.
Fare una buona comunicazione di crisi, significa dotarsi di un team competente che si dedichi innanzitutto alla prevenzione di una crisi e poi alla pianificazione di una comunicazione che sia la più adatta nel caso in cui questa si verificasse e soprattutto tempestiva: le prime 24 ore sono cruciali per definire i caratteri della crisi e con il passare del tempo si potrebbero formare opinioni e punti di vista che distorcono la realtà dei fatti. Inoltre, fare crisis communication vuol dire essere presenti e preparati nei tre momenti principali della crisi:
- Prima: per individuare i fattori che potenzialmente potrebbero essere la causa della crisi. L’azienda deve tener conto del cosiddetto “effetto palla di neve”, secondo il quale l’eziologia di una crisi nasce in modo ridotto e localizzato, per poi allargarsi considerevolmente;
- Durante: per monitorare il susseguirsi degli avvenimenti e l’evoluzione dell’opinione pubblica;
- Dopo la crisi: per ricostruire le relazioni e ripristinare la reputazione.
D&G: un cattivo esempio di gestione di crisi reputazionale
Nel 2018 la celebre azienda di moda Dolce&Gabbana si è resa protagonista di alcuni spiacevoli episodi in occasione della sfilata che si sarebbe dovuta tenere a Shangai, in Cina. L’evento venne poi annullato pochi giorni dopo l’annuncio a causa di alcune pesanti accuse di razzismo rivolte alla casa di moda e in primis a uno dei suoi fondatori, cioè Stefano Gabbana.
In particolare queste accuse riguardarono inizialmente i video promozionali della sfilata che mostravano una ragazza asiatica nell’intento di mangiare del cibo italiano con delle bacchette, ma senza successo. In seguito le accuse si rivolsero ad alcuni screenshot di chat in cui Stefano Gabbana criticava e insultava aspramente la divisione cinese della casa di moda per aver rimosso i video dal web.
Possiamo considerare questo come un esempio calzante di cattiva gestione di una crisi aziendale, o meglio della crisis communication, per diversi motivi:
- la crisi non è stata prevenuta nei momenti iniziali, nonostante le numerose critiche apparse nei commenti fossero un campanello d’allarme di ciò che potenzialmente sarebbe accaduto;
- nel pieno della crisi, malgrado il susseguirsi delle accuse, non soltanto la casa di moda ha taciuto, ma ha lasciato trapelare delle sconvenienti considerazioni personali di Stefano Gabbana;
- la comunicazione non è stata tempestiva, dato che sono dovuti passare molti giorni prima che Domenico Dolce e Stefano Gabbana si esprimessero sull’accaduto.
A seguito degli eventi, le piattaforme di e-commerce cinesi decisero di rimuovere i prodotti del marchio e, considerando che gli acquisti provenienti dalla Cina rappresentano circa il 30% dei proventi di D&G, questo errore costò alla maison non soltanto un grave danno di immagine e di reputazione ma anche un danno economico pari a circa 400 milioni di euro.
Tuttavia, dopo alcuni giorni i due fondatori decisero di pubblicare un video di scuse e ad oggi la casa di moda è riuscita a recuperare del tutto il mercato cinese che aveva perso.
Oggi le aziende si trovano a competere in un contesto ricco di opportunità, date dalle grandi possibilità di connettere gli individui nel mondo e di far circolare le notizie, le idee e di far sentire la propria voce. Tuttavia, questo porta con sé alcuni rischi, come si è visto con il caso D&G.
Concludendo, possiamo dire che la comunicazione istituzionale serve proprio a ciò, a trovare un equilibrio tra queste opportunità e questi rischi, studiando il terreno in cui si compete per poterne comprendere le criticità e per poter elevare il business ad alti livelli di reputazione, immagine e identità.