Paghereste mai lo stesso prezzo per un prodotto che è stato rimpicciolito? Probabilmente no, eppure già lo fate. Anzi, lo facciamo tutti. La colpa? Tutta della shrinkflation.
Cos’è la shrinkflation
Può capitare, ritrovando un giocattolo di quando si era bambini, di soffermarsi a pensare che lo si ricordava più grande. La sensazione di essere di fronte a qualcosa che un tempo aveva dimensioni maggiori, però, non è dovuta esclusivamente a ricordi fallaci. E non è legata solo ai giocattoli. Alcuni prodotti, negli anni, sono effettivamente diventati più piccoli.
La pratica di ridurre le dimensioni dei prodotti mantenendo invariato il loro prezzo è infatti sempre più diffusa, tanto da guadagnarsi un nome: shrinkflation, nato dall’unione delle parole inglesi “shrinkage“, che significa contrazione, e “inflation“, che sta per inflazione.
In economia per shrinkflation si intende l’aumento del livello generale dei prezzi delle merci per unità di peso o di volume, dovuto ad una riduzione del peso o delle dimensioni del prodotto venduto. Se dunque prima con 1€ si otteneva un chilo di zucchero, ora con la stessa cifra se ne ottengono 950g. Il prezzo finale per il consumatore rimane lo stesso, ma il costo al chilo è aumentato.
Qual è il suo segreto
Com’è possibile non accorgersi della riduzione? La risposta sta nella tecnica adottata dalle aziende. Se da un giorno all’altro la quantità dei prodotti che compriamo abitualmente fosse drasticamente ridotta, non faticheremmo a rendercene conto. Se, ad esempio, il barattolo di Nutella passasse da 200 a 100g, la riduzione sarebbe evidente.
Consapevoli di questo, le aziende che decidono di praticare la shrinkflation riducono la quantità dei propri prodotti in maniera quasi impercettibile. Chi si accorgerebbe di appena 10 o 20 grammi in meno in una bottiglia di passata di pomodoro o in un tubetto di dentifricio?
La quantità è sempre indicata sulla confezione e un occhio attento potrebbe dunque notare la differenza. Ma il consumatore medio, indaffarato a destreggiarsi tra le corsie del supermercato, solitamente non si ferma a controllare questo dettaglio. Così i prodotti si rimpiccioliscono e i guadagni delle aziende aumentano, senza che i consumatori ne siano consapevoli.
Le cause della shrinkflation
Alla base del fenomeno non c’è solo il mero profitto. Due sono infatti le cause addotte dalle aziende per giustificare il loro operato.
Da un lato c’è l’aumento dei costi di produzione. I costi di materie prime, impianti produttivi e manodopera sono aumentati negli ultimi anni, spingendo le aziende a trovare nuovi modi per far quadrare i conti.
Un esempio è rappresentato da Toblerone, famosa marca di cioccolato svizzero, che a causa dell’aumento dei prezzi degli ingredienti ha ridotto negli ultimi anni il peso dei suoi prodotti.
Dall’altro lato la crescente concorrenza non fa sconti: per continuare a vendere bisogna rimanere competitivi. Ciò si traduce nel mantenere un prezzo pressoché costante per non scontentare i propri clienti, modificando però altri aspetti del prodotto, come peso o dimensioni.
Dal food alla carta igienica, la shrinkflation colpisce tutti
Prodotti alimentari e per la cura della persona sono i principali bersagli della riduzione progressiva. Biscotti, cereali, passata di pomodoro e snack sono solo alcuni degli alimenti che nel corso degli ultimi anni sono diventati sempre più piccoli.
Non sono da meno alcuni prodotti per l’igiene – come il dentifricio – o estetici, come creme e lozioni. La shrinkflation ha colpito anche la carta igienica: rispetto al passato, i rotoli di oggi hanno meno strappi. Una differenza che passa inosservata, ma che si traduce in acquisti più frequenti di un bene innegabilmente di prima necessità.
Lo studio della BBC
Nel 2018, la BBC ha condotto uno studio sulle riduzioni subite da alcuni snack dal 2014 al 2018. Dei 19 prodotti analizzati, 18 erano stati oggetto di shrinkflation; 15, invece, quelli sottoposti ad un rialzo del prezzo.
I prodotti, nell’arco dei quattro anni considerati, sono stati rimpiccioliti in misura diversa. Si passa dal 10% in meno del Toblerone, passato da 400g a 360g, a picchi del 28% per Snickers, che ha visto il suo peso ridursi da 232g a 167g. Anche l’aumento di prezzo non è stato uniforme: il costo di KitKat è aumentato del 50%, quello di Jaffa Cakes di “appena” il 3.6%.
Il caso delle compagnie telefoniche
Anche le compagnie telefoniche tra il 2017 e il 2018 hanno tentato la strada della shrinkflation. Durante quel periodo Tim, Vodafone, Wind Tre e Fastweb, infatti, hanno ridotto i giorni del contratto dei propri clienti da 30 a 28. Una differenza di sole 48h che ha però comportato il passaggio delle bollette annuali da 12 a 13.
In questo caso ad essere ridimensionato non è stato un prodotto fisico, ma la variazione ha comunque danneggiato i consumatori. Anzi, è stata praticamente imposta senza possibilità di alternative. Le compagnie – stando a quanto rilevato dall’Antitrust – avevano infatti stretto un accordo per modificare unilateralmente la durata dei contratti. Anche volendo passare ad altro operatore, dunque, dai 28 giorni non si sfuggiva.
La vicenda si è però conclusa in breve tempo. La stessa Antitrust ha infatti multato le compagnie coinvolte per 228 milioni di euro totali. I clienti, invece, hanno potuto chiedere il rimborso della mensilità in più, quella non dovuta.
Come accorgersi delle riduzioni
Per quanto, come abbiamo detto, la shrinkflation non è una pratica scorretta dal punto di vista legale, poiché le variazioni sono sempre riportate sulle confezioni dei prodotti, lo è sicuramente da un punto di vista etico. Rappresenta infatti un modo per aumentare i prezzi “sotto traccia”, senza che i consumatori se ne rendano conto.
Cosa si può fare, dunque, per evitare i prodotti rimpiccioliti? Una buona abitudine per i generi alimentari è controllare sempre il prezzo al chilo. In questo modo si possono più facilmente notare eventuali oscillazioni.
La regola generale, tuttavia, rimane quella di prestare attenzione a cosa si mette nel carrello. In particolare, secondo l’Istat, nel nostro paese i prodotti maggiormente soggetti a riduzioni sono miele, marmellata, zucchero e cioccolato. Proprio quelli che spesso si acquistano senza farci troppo caso.
Cosa aspettarsi dal futuro
Nel 2019 un tassista inglese di nome William Knight ha ritrovato in soffitta una barretta Mars del 1996. Confrontando quella “vintage” con quelle che si vendono attualmente, si è reso conto della notevole differenza di dimensioni.
Se la shrinkflation sistematica continuasse, tra 20 anni potremmo ritrovarci nella stessa situazione, a guardare con occhi sgranati uno dei nostri snack preferiti, irrimediabilmente rimpicciolito. E non solo perché siamo cresciuti.