Se sei un esperto o un appassionato di marketing, saprai sicuramente quanto è effettivamente importante oggi fare storytelling, ma hai mai sentito parlare dello storydoing? Lo storydoing è l’arte di raccontare storie attraverso le azioni.
In un mondo sempre più frenetico, dove le informazioni viaggiano ad altissima velocità e l’attenzione ad esse rivolta è sempre più sfuggente, nasce questo nuovo modo delle aziende di fare brand awareness.
Se infatti per i Millennials le storie raccontate dai brand erano motivo di coinvolgimento, per la Generazione Z c’è bisogno di qualcosa in più. Complici i social e in particolare i loro contenuti “snack” come le stories, l’utente ha bisogno di partecipare direttamente al modo di fare brand. Se lo storytelling è una comunicazione che persuade ed emoziona, lo storydoing è coinvolgimento e partecipazione attiva dell’utente. Infatti se lo storytelling racconta, lo storydoing crea.
Si tratta di una vera e propria rivoluzione per fare marketing nelle aziende poiché, come abbiamo detto, dal semplice raccontare all’utente la propria storia, si passa al renderlo partecipe ed attivo. In questo modo, le Buyer Personas, che fino a ieri erano state una rappresentazione ed una sorta di template del cliente ideale per il brand, ora prendono vita e diventano identità non più astratte.
Esempi attuali di storydoing nelle aziende
Ma come riconoscere lo storydoing? Ecco alcuni esempi pratici di alcuni brand.
Starbucks, da sempre in prima linea con operazioni di marketing innovative e coinvolgenti, ha realizzato una limited edition del suo già famosissimo Frappuccino sfruttando una delle “icons” più modaiole degli ultimi anni, gli unicorni, dando vita ad un coloratissimo Unicorn Frappucino.
Il risultato sui social è stata una community alla ricerca pazza della ricetta e la pubblicazione di guide alla scoperta di tutti gli ingredienti. Milioni di utenti hanno postato nei feed e nelle stories dei loro social foto colorate della bevanda con l’hashtag #unicornfrappuccino.
Ancora più recente è l’esempio della Galleria degli Uffizi di Firenze. Durante la pandemia, il museo si è comportato come un vero e proprio brand sbarcando su TikTok. I suoi contenuti, in formato video breve ed umoristico, sono diventati virali e sono stati condivisi ed emulati da tanti giovani studenti bloccati a casa a causa della pandemia. Il risultato è stato un sensibile aumento del valore del brand.
TikTok è inoltre la vera piattaforma principe dello storydoing: tanti giovani si cimentano sul social sponsorizzando i loro brand preferiti tanto che, arrivati ad un livello alto di engagement, sono le aziende stesse a contattarli per far di loro influencer e brand ambassador.
Questo ruolo, che nasce proprio con la Generazione Z, si adatta facilmente a tutti coloro che sono entusiasti di un prodotto e hanno la capacità di raccontarlo con le proprie azioni.
Il primo grande esempio di storydoing
Non dobbiamo però considerare lo storydoing come una tattica di marketing recente. Il primo vero esempio di questo trend ce lo hanno fornito gli anni ’90 e la RedBull.
La compagnia, da sempre così attiva, tanto che da brand di bevande energetiche è riuscita ad affermarsi come sponsor degli sport estremi, è famosa per il suo slogan “RedBull ti mette le ali”.
Nei primi anni 90 ha davvero messo le ali organizzando l’evento “Flugtag“. Questo termine in lingua tedesca si traduce in “giorno del volo” o “air show” e fa riferimento all’evento in cui piloti autodidatti hanno presentato i loro aerei fatti in casa, facendoli decollare da una piattaforma che si trovava tre piani sopra una piccola conca d’acqua, ovvero la loro superficie d’atterraggio.
Ma RedBull ci dà un altro esempio perfetto di storydoing quando nel 2012 sponsorizza l’impresa del campione di Skydiving Felix Baumgartner nel cercare di stabilire un nuovo record mondiale di caduta libera dallo spazio.
Per il brand dunque, il mettere le ali non è più una promessa ma un vero e proprio dato di fatto.
I risultati prodotti dallo storydoing nella percezione dei brand
Il risultato dello storydoing è che l’utente diventa il cuore pulsante dell’azienda. Non è più un rapporto distante tra “venditore” e “compratore”, ma entrambi collaborano e convivono per costruire insieme il valore percepito dell’azienda. Entrambi sono fautori della brand reputation.
Lo storydoing per un brand rappresenta una vera e proprio spinta di credibilità, fiducia ed empatia e dunque, praticando l’engagement attivo degli utenti, la brand awareness non può che migliorare e consolidarsi.
L’esperienza non è più una storia raccontata alla perfezione ma diventa un’azione diretta nella vita quotidiana che non può far altro che aumentare la fidelizzazione dell’utente finale.
Storytelling e storydoing a confronto
Abbiamo detto in precedenza che fra storytelling e storydoing c’è un tangibile rapporto di parentela, ma cosa separa queste due operazioni di marketing?
Sebbene ad accomunarle ci sia l’obbiettivo finale di coinvolgere l’utente raccontando, la differenza principale sta nell’approccio al cliente stesso. Quello dello storytelling è principalmente passivo: si struttura una storia perfetta da raccontare che segue un filone narrativo ben definito; quello dello storydoing è pienamente attivo, l’utente è coinvolto direttamente nella storia.
Inoltre lo storytelling si basa su una storia preesistente, lo storydoing è principalmente in diretta. Da questo possiamo capire quanto sia diventato fondamentale proprio nel 2020, l’anno in cui a seguito della pandemia i brand hanno capito quando sia fondamentale utilizzare i social network e hanno cominciato ad investire su posizionamenti nuovi e spontanei come le stories di Instagram e il già citato TikTok per raccontare in tempo reale le loro azioni, per mettere a nudo i loro progetti e impegnarsi in proposte ed iniziative sociali.
Possiamo pensarlo quindi come una fase di inizio, in cui si narra la storia che prende vita diventando storydoing. Passare da un elemento all’altro non è solo uno step semplicistico “dal dire al fare”: le due realtà, se combinate insieme, portano un risultato significativo alle aziende. L’emozione dello storytelling e il senso di appartenenza dello storydoing potrebbero essere proprio il passo verso un consistente e duraturo successo del brand.
In conclusione dunque lo storydoing è una vera e propria rivoluzione per il marketing moderno, in quanto si adatta perfettamente alle necessità comunicative delle New Gen, andando a stimolare ancora di più quelle delle generazioni più mature. Lo storydoing è un pezzo perfetto di quel puzzle super elaborato che sono le strategie di marketing.