É risaputo che a volte il cervello umano lavora in automatico, e per marketers e comunicatori è importantissimo sapere come ciò accade, in modo da plasmare le proprie strategie e renderle efficaci per gli utenti.
Oggi distingueremo i meccanismi che si celano dietro a due termini troppo spesso confusi, Bias ed Euristiche.
Euristiche
Quando si parla di Euristiche, teorizzate nel 2002 da Kahneman e Frederick e il cui nome deriva dal greco εὑρίσκω (lett. trovare, scoprire), ci troviamo davanti a scorciatoie mentali che permettono di costruire un’idea generica su un dato argomento, senza eccessiva necessità di ragionamento.
Si tratta di una strategia veloce, utilizzata per risparmiare tempo, in un mondo in cui siamo bombardati delle informazioni più disparate, facendo fede a concetti già immagazzinati nella nostra memoria. Possiamo riassumere questo concetto come “conclusioni veloci con il minimo sforzo cognitivo”.
Il sistema cognitivo è specializzato in queste scorciatoie per farci elaborare le informazioni nel minor tempo possibile, facendo sì che con disinvoltura si formino impressioni, si prendano decisioni e si inventino spiegazioni per procedere nei ragionamenti in maniera rapida ed efficace.
Razionalità contro intuito
Il procedimento euristico è un metodo di approccio alla soluzione dei problemi che non segue un percorso esclusivamente razionale, ma si affida all’intuito e allo stato temporaneo delle circostanze. È proprio questo l’aspetto che le distanzia dai Bias, particolari Euristiche che esprimono giudizi su cose mai viste o di cui non si ha esperienza alcuna. Possiamo definire i Bias, quindi, come un sottogruppo delle Euristiche, a tutti gli effetti “Euristiche inefficaci”.
Ma quali sono le premesse che portano il cervello ad utilizzare un’Euristica?
- Mancanza di tempo per un’analisi approfondita;
- Eccesso di informazioni tale da non riuscire a isolare quelle rilevanti;
- Contesti di poca importanza;
- Scarse conoscenze sull’argomento;
- Ottimismo che porta a pensare che non servano ulteriori sforzi cognitivi.
Bias
La nascita e la diffusione del concetto di Bias cognitivi è riconducibile all’inizio degli anni ’70, quando gli psicologi Kahneman e Tversky avviarono un programma di ricerca chiamato “Heuristics and Bias Program” per comprendere in che modo gli esseri umani maturino decisioni in contesti ambigui, incerti o con informazioni insufficienti.
I dati accumulati li portarono a sviluppare un modello lontano dalle teorie precedenti che venne riconosciuto definitivamente nel 2002, quando Kahneman ricevette il premio Nobel per l’Economia «per avere integrato risultati della ricerca psicologica nella scienza economica, specialmente in merito al giudizio umano e alla teoria delle decisioni in condizioni d’incertezza».
Gli aspetti fondamentali di un Bias
Questo elemento presenta caratteristiche specifiche:
- Nasce come conseguenza dell’applicazione di un’Euristica;
- È legato al concetto di errore.
Parliamo per questo di Euristiche inefficaci, poiché si tratta di pregiudizi creati dal cervello e basati sul mondo reale, non filtrati da critica o giudizio, il che porta a risultati errati e influenze infondate.
Il termine inglese Bias trae origine dalla parola in francese provenzale, che a sua volta trova le sue radici nel latino, e significa obliquo, inclinato. Inizialmente era utilizzato in un contesto totalmente differente: il gioco delle bocce. Infatti, indicava i tiri storti che portavano a conseguenze negative. Nella seconda metà del 1500, invece, assume un significato più ampio e sarà tradotto solo in seguito come inclinazione, pregiudizio.
Quando si manifestano i Bias cognitivi? Quando si prendono decisioni nel minor tempo possibile. Si tratta di vere e proprie scorciatoie che il nostro cervello prende ogni giorno per non fare fatica, non solo su decisioni e comportamenti, ma anche su processi di pensiero.
Le tipologie di Bias
I Bias sono moltissimi, ma oggi presentiamo i dieci più frequenti. Possono essere:
- Di gruppo: vengono sopravvalutate le capacità ed il valore del gruppo e vengono attribuiti i successi di un gruppo estraneo a fattori esterni e non alle qualità delle persone che lo compongono;
- Dell’ancoraggio: si prendono decisioni considerando un numero limitato di elementi e ancorandosi ad un valore che viene usato in comparazione e non come valore assoluto. In parole semplici, si tratta della tendenza a fare un affidamento eccessivo alla prima informazione che ci viene offerta;
- Di conferma: si tende a testare e concentrarsi su ciò che conferma le proprie convinzioni, piuttosto che cercare confutazioni alla propria tesi;
- Di proiezione: si crede che gli altri la pensino come noi. Questo errore cognitivo è detto anche “falso consenso” perché viene sopravvalutato il grado in cui gli altri sono d’accordo con noi, perciò viene proiettato su di essi il nostro modo di pensare;
- Del presente: vengono prese decisioni concentrandosi solamente su una gratificazione immediata, ignorando le possibilità a lungo termine. Questo influenza il comportamento in ambiti come, ad esempio, l’alimentazione, la vita professionale e i risparmi;
- Illusione della frequenza: si tende a selezionare le informazioni che ci riguardano, sovrastimandole.
- Fallacia del Gambler: l’individuo dà rilevanza a ciò che è accaduto in passato, creando dei giudizi attuali dovuti a tali esperienze. Questo comporta anche una distorsione del presente. Ad esempio, chi ha ricevuto un giudizio positivo in passato tenderà a riceverne un altro nel presente a dispetto delle prestazioni reali;
- Clustering illusion: il cervello crea dei ragionamenti, anche dove non ci sono. Ad esempio, quando ci si trova davanti ad una sequenza di numeri, si tenderà a cercare una regola che li lega e il cervello la troverà anche dove realmente non ne esiste alcuna;
- Bias del pavone: induce a condividere maggiormente i successi piuttosto che i fallimenti. Questo Bias è visibile soprattutto nell’utilizzo dei social, dove le persone tendono a dare un’immagine più positiva di sé, per mostrare una vita ideale;
- Bias della retrospezione: la tendenza, dopo che si è verificato un evento, a esagerare la propria abilità ad averlo previsto. È noto anche come il fenomeno dell’io-lo-so-da-sempre.
I Bias e le Euristiche, di cui tener conto durante lo sviluppo di una strategia, non sono, quindi, mancanze cognitive o atteggiamenti negativi, ma semplici ragionamenti veloci del cervello umano, e di conseguenza, anche del target di riferimento.