La maggior parte delle pubblicità sono incentrate su un unico brand. Ma c’è un’eccezione, una strategia che prevede il coinvolgimento di due brand: la pubblicità comparativa. È un’arma a doppio taglio che può portare i marchi al successo o, per così dire, in tribunale.
Cos’è la pubblicità comparativa e perché è rischiosa?
Si tratta di una strategia che prevede il confronto tra un marchio e un suo competitor. La comparazione può adottare un tono positivo o negativo e, di solito, avviene rispetto al prezzo o a caratteristiche del prodotto o servizio. Inoltre, può essere:
- diretta o esplicita: quando si nomina direttamente il competitor;
- indiretta o implicita: quando si riferisce ad una tipologia di prodotto o allude ad una categoria in modo generico.
Se create in modo strategico, le comparative ads possono convincere nuovi clienti sulla superiorità di un brand, ma se realizzate in modo inadeguato le aziende possono trovarsi nel bel mezzo di una causa legale. Questo è successo a Dyson che nel 1997 ha ideato una campagna in Francia volta a dimostrare la superiorità dei propri aspirapolveri rispetto a quelli tradizionali.
Nonostante non attacchi un competitor specifico, la pubblicità di Dyson prende di mira e svaluta tutti coloro che producono aspirapolveri con sacco. Per questo è stata considerata denigratoria e Dyson ha dovuto risarcire la concorrente Electrolux. Questo esempio è utile per comprendere quanto l’ideazione di pubblicità comparative sia complessa e richieda, oltre che attenzione e cura, conoscenze legali. Infatti, ogni Paese ha norme differenti che regolano il confronto esplicito e la concorrenza sleale.
Un esempio classico: Avis vs Hertz
Nel 1962 Avis, famosa compagnia di noleggio auto, ha creato una campagna pubblicitaria per spiccare rispetto ad Hertz, all’epoca leader del mercato. Nel ‘62 ha affidato l’arduo compito alla DDB che ha deciso di valorizzare la seconda posizione di Avis sul mercato. Il mitico William Bernbach ha scritto l’ormai intramontabile copy:
“When you are only No. 2, you try harder.”
L’obiettivo di questa comparazione indiretta è quello di comunicare il continuo sforzo nell’offrire il miglior servizio e l’efficienza della propria assistenza. Mentre Avis, essendo la numero due, non poteva permettersi di “essere mangiata” e doveva continuamente mantenere standard elevati, Hertz, essendo la numero uno, poteva permettersi di trascurare i dettagli.
Negli anni successivi, grazie a questa Ad, le vendite di Avis sono aumentate significativamente. Finché, nel 1966, Hertz, che fino a quel momento aveva ignorato la “provocazione”, ha creato a sua volta una serie di stampe. La campagna comparativa, in questo caso diretta, diceva:
“For years, Avis has been telling you Hertz is No.1. Now we’re going to tell you why.”
Differenze tra Europa e Stati Uniti
Mentre in USA, essendo le norme poco vincolanti, le pubblicità comparative vengono create da oltre 50 anni, in Europa le condizioni che devono essere soddisfatte per creare comparative ads sono rigide e stringenti. In Italia, come segnalato dall’AGCOM (Autorità garante della concorrenza e del mercato), sono considerabili lecite se confrontano beni e servizi della stessa tipologia secondo elementi oggettivi e non denigrano altri brand. Il risultato? Mentre negli Stati Uniti i brand creano delle vere e proprie battaglie a suon di pubblicità, in Europa le pubblicità comparative sono molto più “sobrie”.
Esempi di Comparative Ads in USA
Un emblematico esempio tipico della comunicazione comparativa diretta americana è quella tra Apple e Microsoft: i due colossi si sono sfidati più volte in diverse serie di spot. Nel 2006 Apple ha lanciato la famosa campagna pubblicitaria televisiva “Get a Mac” in cui un ragazzo con abiti casual rappresenta il Mac, mentre un uomo con abiti formali interpreta Microsoft. Lo scopo dello spot è valorizzare i clienti Mac, considerati giovani e creativi, e associare il cliché “nerd” a coloro che utilizzano Microsoft. Questa campagna fu solo l’inizio di una lunga serie di “battaglie pubblicitarie” tra i due giganti dell’high-tech.
Un altro esempio è la serie di spot in cui si scontrano per stabilire la superiorità tra iPad e Microsoft Surface.
Anche Samsung e Apple si sono sfidate a suon di pubblicità. Ne è un esempio lo spot in cui Samsung vuole mostrare la superiorità del Galaxy II. Nonostante Apple non venga nominata, è ovvio che è il competitor preso in causa.
Lo spot raffigura un gruppo di persone che attendono in una lunga fila il debutto del nuovo iPhone, quando notano passanti che usano un altro smartphone con strabilianti caratteristiche: il Samsung Galaxy II. In questo esempio vi è un confronto sia verbale che visivo e il brand vuole mostrare la superiorità del proprio prodotto; infatti, lo definisce “big thing” nel messaggio conclusivo, conciso ma potente:
“The next big thing is already here”.
Esempio di pubblicità comparativa in Italia
In Italia, essendo complesso realizzare comparazioni dirette, sono più comuni quelle indirette. Una tattica comunemente adottata è rappresentare un prodotto falso che non espliciti il nome del concorrente. Ne sono un esempio le campagne di detersivi che mostrano il prodotto del brand da un lato e un flacone senza etichetta dall’altro.
L’AGCOM considera comparative anche queste pubblicità, seppur implicite, in cui il messaggio pubblicitario si riferisce alla categoria di prodotto generica e non cita direttamente il competitor. Un esempio di pubblicità comparativa è lo spot del 2015 in cui Luca e Paolo sono stati ingaggiati per promuovere Mediaset Premium.
Mentre Luca può comodamente vedere tutti i contenuti offerti da Mediaset grazie ad una tessera, Paolo si informa perché vuole abbonarsi ad una pay-tv. Nello spot non vengono citati competitor, ma il riferimento a Sky è facilmente intuibile. Tuttavia, la comparazione è legittima perché esalta il servizio esclusivo e innovativo senza squalificare la concorrenza.
Anche se le pubblicità comparative non menzionano direttamente il competitor “preso in causa” – come nello spot di Mediaset –, di solito è facilmente deducibile sulla base delle caratteristiche evidenziate dei prodotti che vengono confrontati. Ciò è utile per i consumatori perché consente di farsi nell’immediato un’idea sulle funzionalità dei diversi prodotti o servizi, togliendo a loro la briga di cercare informazioni su svariate fonti.
Rischi e vantaggi della pubblicità comparativa
La pubblicità comparativa può essere vantaggiosa per nuovi brand o marchi follower che, confrontandosi con business noti o leader di mercato, possono farsi notare dal target market e generare awareness. È importante però che la pubblicità sia chiara e che i consumatori possano facilmente comprendere quale sia il brand sfidante e quello sfidato.
Se non vi è chiarezza il rischio è elevato: i consumatori potrebbero rafforzare la propria consapevolezza sul brand già noto e non ricordare quello nuovo che ha investito per creare la campagna. Inoltre, le argomentazioni comparative sono utili per comunicare le caratteristiche principali di un prodotto o servizio e spesso attirano l’attenzione dei consumatori bargain oriented, ovvero attenti al rapporto qualità-prezzo. Ma è indispensabile non generare confusione: i consumatori devono cogliere nell’immediato quali sono le peculiarità di un brand rispetto al competitor.
Concludendo, le pubblicità comparative sono un’opzione da valutare con cura. Se create in modo adeguato stimolano e incuriosiscono il pubblico, aiutano i brand ad incrementare l’awareness e ad acquisire una maggiore quota di mercato. È fondamentale però conoscere le norme e le leggi in atto per non rischiare cause legali e per creare campagne che diano valore al consumatore e non siano un mero attacco ai competitor.